Figli dell’epoca
PREMIO FONDAZIONE FRIULI
Per un video che coniughi espressività, recitazione e narrazione con lo humor
Annalisa Michielini, Liceo Artistico Statale Bruno Munari di Vittorio Veneto (TV). Coordinamento dell’insegnante Federico Bernardi.
Siamo figli dell’epoca, /l’epoca è politica. /Tutte le tue, nostre, vostre / faccende diurne, notturne / sono faccende politiche.[...]
Ma anche questa lettura di Wislawa Szymborska è una lettura politica: è la lettura di un “politico” che sceglie proprio questi versi per ricordarci che non possiamo chiamarci fuori. Infatti, anche mentre negoziamo sulla vita e sulla morte, la gente intanto muore...
Il breve ma incisivo lavoro dimostra che possono passare messaggi seri anche attraverso forme lievi e apparentemente scanzonate: l’interpretazione estremamente vitale, punteggiata qua e là da intrusioni di quotidianità, infila con effetto ironico e destabilizzante le dodici ripetizioni dell’aggettivo e coglie l’obiettivo del coinvolgimento grazie a un pregevole, istrionico istinto comunicativo.
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La scelta di recitare una poesia della poetessa polacca Wislawa Szymborska è molto originale: c’è, infatti, un oratore che arringa una folla immaginaria, un pubblico universale che è tutti noi. Non una mera recitazione di versi, ma un racconto svolto con una certa ironia, da un oratore incravattato, in apparenza molto serio, quasi arrabbiato, che da un pulpito, in alto, parla ad un pubblico immaginario, che non rumoreggia, non appare, è quasi dietro le quinte. Anzi, dietro la macchina da presa. Le parole dell’oratore sono un monito: tutto ha rilevanza politica, dal colore della pelle ad ogni gesto quotidiano, tutto ha valore e risonanza politica. Il nulla che ha davanti l’oratore significa che le sue parole sono destinate a cadere nel vuoto, perché il pubblico virtuale non ha, evidentemente, una coscienza politica, discute, si confronta, ma non in un vero dialogo che porti a dei risultati. All’immagine dell’oratore impettito – uno studente che sa recitare in modo molto convincente – si alternano scatti veloci, come un battito di palpebra, su oggetti e situazioni quotidiane, fino ad arrivare a panorami di una natura remota, dove l’eco della politica è lontana.
Al bianco e nero che avvolge l’oratore, dandogli un’apparenza da schermo televisivo degli anni Sessanta, si alterna il colore delle immagini sfuggenti, quelle dell’oggi, che scorrono senza badare alle parole.