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Bruno Fadel. Antologica

dal 24 marzo al 13 maggio 2012
Galleria Sagittaria Pordenone

Prima mostra antologica di Bruno Fadel, artista friulano che ha iniziato la sua ricerca artistica negli anni ’60 avendo come riferimento di allora Afro e Vedova.
Dal quel contesto culturale dell’ “informale”, dopo il duemila, il suo percorso evolve in tre filoni operativi (la serie “i racconti”; la serie “pensiero pensante”; la serie con uso della fotografia) che testimoniano la capacità dell’artista di trovare nuove modalità espressive per il suo costante tema lirico.
Mostra e catalogo curati dal critico Giancarlo Pauletto.
La mostra è organizzata dal Centro Iniziative Culturali Pordenone con il sostegno di Banca Popolare Friuladria-Crédit Agricole.

La mostra rimarrà aperta fino al 13 maggio 2012.
L’ingresso è libero, con i seguenti orari: feriale 16.00-19.00;
festivo 10.30-12.30/16.00-19.00. Chiuso i giorni 8, 9 e 25 aprile, e 1 maggio 2012.

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Racconti poetici

Bruno Fadel è il primo artista che entra negli spazi della Galleria Sagittaria dopo l’ampia esposizione che ha presentato al pubblico l’importante patrimonio artistico della Collezione Concordia 7.
Centinaia di opere di pittori, scultori, incisori, fotografi che il Centro Iniziative Culturali aveva fatto conoscere in oltre quattro decenni di attività espositiva e che ora sono a disposizione del grande numero di frequentatori di tutte le età della Casa A. Zanussi.
Un racconto della creatività di personaggi del territorio regionale e di tante altre realtà nazionali e internazionali che si apre a nuovi capitoli per una vitalità che ci auguriamo sempre più coinvolgente.
E’ in questo quadro che si colloca l’importante antologica di Bruno Fadel che Giancarlo Pauletto, curatore della mostra, ha indicato con un titolo suggestivo: “Dipingere l’emozione”. Una espressione che bene rende l’impegno dell’artista friulano a cogliere la realtà nella trasfigurazione della poesia, diventando una forte provocazione a coinvolgersi nel suo mondo interiore.
Maria Francesca Vassallo

Dipingere l’emozione

Spero mi venga perdonata l’autocitazione con cui ritengo di poter iniziare questo abbrivio al catalogo della prima mostra antologica di Bruno Fadel, la quale documenta – naturalmente per exempla – la sua attività dai secondi anni settanta ad oggi.
Si tratta di alcune righe scritte ormai più di vent’anni fa, che tuttavia mi sembrano ancor oggi indicare il centro, emotivo ed estetico, della sua ricerca, rispetto alla quale il lavoro successivo è certo ampliamento e sviluppo, ma non divergenza, non cambiamento sostanziale.
Eccole: “Si potrebbe definire il lavoro di Bruno Fadel come una sorta di impegnatissimo travaglio sulla misura.
Misura dei rapporti cromatici, misura dei rapporti spaziali.
Misura intesa come regola certamente non predeterminata, men che mai meccanica: misura come rapporto che va di volta in volta deciso tra l’insieme di dati che l’esperienza operativa ha accumulato, e l’emergenza emozionale che giustifica il lavoro, determinandone la necessità.
Questa emergenza emozionale ha in Fadel caratteristiche nettamente liriche… che si esprimono sia
in più concitate scansioni cromatiche, sia – a periodi – nella ricerca di cadenze semplificate e definite, centrate su cromie basse…sicché il suo lavoro appare appunto un lavoro “misurato”: cioè nutrito d’emozione da un lato, e dall’altro in grado di sconfiggere benissimo la tentazione decorativa”.
Da queste parole credo si possa capire per quale motivo, a me almeno, il titolo “Dipingere l’emozione” appaia giusto per questa mostra, ne indichi in forte sintesi sia il contesto culturale, come le formalità operative e anche gli sviluppi, o meglio potremmo dire le “espansioni d’area”, le amplificazioni generate dagli approfondimenti e dalle insistenze analitiche perseguite dall’autore.
Il contesto culturale è, nei secondi anni settanta in cui si colloca la prima maturità artistica di Fadel, quello di un informale che ha i suoi comprensibili, e non perciò meno importanti, punti di riferimento in maestri quali Afro e Vedova, il primo per la vibrante vitalità di cromie attraverso le quali è sempre possibile intravedere un rapporto con il naturale - sia pure un naturale fortemente interiorizzato; il secondo per l’emergenza di un gesto che impone alla tela la sua immediata emersione dal profondo, gesto vitalistico intriso di problematicità e di domanda.
In mezzo a questi poli – tra i quali non si vogliono né si possono negare anche momenti di convergenza, e non sarebbe difficile fare titoli di opere a conferma – anche Fadel, come altri giovani artisti in quegli anni, lavora a trovare la sua strada, che si stabilirà presto sui binari di quella che possiamo definire una sorta di “sismografia del quotidiano”.
Si tratta cioè di rendere, su piccole o più grandi carte, su tele di varie dimensioni, quel che suggerisce il nostro essere vivi dentro lo scorrere del tempo, e tali suggerimenti, come è ovvio, possono avere qualsivoglia origine, generarsi dal nostro sguardo sul mondo esterno, come dal nostro ripiegarsi nell’interiorità, dal nostro pensare come dal nostro “sentire”, da un nostro stato di serenità contemplativa, come da una tensione interrogativa, contestativa nei confronti dell’esistenza, che si volga a mettere in evidenza, del nostro stare al mondo, soprattutto gli aspetti dialettici, problematici, saturnini. ...
Giancarlo Pauletto (dal testo in catalogo)

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